Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici

 Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici

ISPRA (a cura di)

Terzo rapporto – Edizione 2016

ISPRA, Roma 2016
pp. 148

La terza edizione del Rapporto ISPRA sul consumo di suolo, oltre a fornire un quadro aggiornato e nuovi indicatori utili a valutare le caratteristiche e le tendenze dei processi di trasformazione del nostro territorio, inquadra il tema del consumo di suolo all’interno di un più ampio sistema territoriale in veloce evoluzione, anche nei suoi aspetti economici.
La vera novità del Rapporto è rappresentata da una prima mappatura nazionale e una valutazione, anche economica, della perdita dei principali servizi ecosistemici dovuta al consumo di suolo degli ultimi tre anni: mancata produzione agro-forestale, mancata rimozione di CO2 e inquinanti, perdita di biodiversità, alterazione dell’infiltrazione verso le falde e purificazione dell’acqua, interferenza coi deflussi delle acque superficiali, peggioramento del microclima urbano.
Il rapporto, da quest’anno prodotto dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (recentemente istituito con L 132/16), si avvale dei contributi del mondo istituzionale e della ricerca e dei risultati ottenuti da importanti progetti europei, in grado di migliorare le metodologie di analisi e di valutazione.
I dati, rilasciati in formato aperto e liberamente accessibili sul sito istituzionale dell’ISPRA, sono per la prima volta aggiornati all’anno precedente, con un dettaglio che arriva fino alla scala comunale, e permettono di avere una mappa completa, accurata e omogenea e fornire una rappresentazione aggiornata del fenomeno del consumo del suolo, dello stato del processo di artificializzazione del territorio e delle diverse forme insediative. Si tratta, evidentemente, di dati che meritano uno specifico approfondimento nelle prossime newsletter PIM.
Il Rapporto è articolato in tre parti: la prima tratta del consumo di suolo, la seconda dei processi di trasformazione del territorio, mentre la terza approfondisce il tema della valutazione dei servizi ecosistemici. Il volume è completato da 21 schede sintetiche per le Regioni e le Province Autonome, con la selezione di alcuni indicatori significativi e di alcuni comuni con il maggior consumo di suolo in termini percentuali, assoluti e di incremento percentuale.
Nella prima parte (Consumo di suolo) vengono innanzitutto analizzati i nuovi dati del consumo di suolo, con le stime a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale, con il consumo di suolo che, pur segnando un importante rallentamento a partire dal 2008, continua a crescere, in particolare nel nord-ovest e a scapito dei suoli con maggiore potenzialità produttiva. I dati mostrano come, a livello nazionale, il suolo consumato sia passato dal 2,7% degli anni ’50 al 7,0% del 2015, con un incremento di 4,3 punti percentuali e una crescita del 159%. Tra il 2013 e il 2015 le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 250 kmq, ovvero, in media, circa 35 ha al giorno, per un totale di circa 21.100 kmq del nostro territorio.
Incrementi significativi sono quelli a carico di fiumi e laghi (+0,5%), coste (+0,3%) e aree protette (+0,3%), ma anche di zone a pericolosità sismica (+0,8%), idrogeologica (+0,3%) e idraulica (+0,6%), con impatti notevoli anche sugli ambiti circostanti gli effetti, compromettendo oltre la metà del territorio nazionale se si considerano gli effetti fino a 100 metri di distanza.
A livello provinciale, Monza e Brianza si conferma la provincia con la percentuale più alta di suolo consumato rispetto al territorio amministrato (oltre il 40% nel 2015), con una crescita ulteriore, tra il 2012 e il 2015, dello 0,5%. Seguono Napoli e Milano, con percentuali che superano il 30%. Nel capoluogo lombardo l’incremento di suolo consumato, nello stesso periodo, è stato dell’1,2%.
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Il 21,5% (quasi 5.000 kmq) del suolo consumato in Italia al 2015, è concentrato nel territorio amministrato dalle 14 Città metropolitane. Al di là di queste, le province del Nord, con l’eccezione delle principali province alpine, presentano livelli di suolo consumato generalmente sopra la media nazionale, insieme alle province costiere di Toscana, Lazio, Campania, Marche e, soprattutto, Puglia e il sud della Sicilia, con i maggiori incrementi percentuali tra il 2012 e il 2015 che si concentrano prevalentemente nelle province del Centro-Sud.
Viene poi affrontata la questione fondamentale del monitoraggio del consumo di suolo, con le attività del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente che rappresentano il riferimento ufficiale a livello nazionale. Infine, si sottolinea come una corretta valutazione del consumo di suolo non possa prescindere dall’esaminare gli effetti nell’intorno della superficie coperta e da una specifica analisi dei dati per tipologie geografiche.
Interessanti appaiono anche i dati riferiti al suolo consumato nella aree a rischio idrogeologico con l’11,7% che ricade all’interno di aree classificate a pericolosità da frana, il 16,2% in aree a pericolosità idraulica e il restante 72,1% al di fuori di aree a pericolosità idrogeologica.
Nella seconda parte (Processi di trasformazione del territorio) vengono approfonditi i temi riguardanti l’uso del suolo e le tipologie di copertura artificiale in rapporto con i processi insediativi (sprawl allo sprinkling), gli aspetti economici, quelli legati all’eccessiva frammentazione amministrativa e quelli demografici. Riguardo a quest’ultima componente, nel triennio 2012-2015 l’Italia si è divisa sostanzialmente in due: il consumo avvenuto nella metà dei comuni italiani (51%) coincide con l’incremento della popolazione, mentre l’altra metà (49%) ha consumato nonostante la popolazione non crescesse. I piccoli comuni (meno di 5.000 abitanti) appaiono i più inefficienti, avendo i valori più alti di consumo marginale di suolo, consumando mediamente tra i 500 e i 700 mq contro i 100 mq dei comuni con oltre 50.000 abitanti.
Tra il 2008 e il 2013 si confermano le tendenze già rilevate per il periodo 1990-2008, con l’espansione del bosco e della superficie urbanizzata soprattutto a scapito delle superfici agricole, in particolare dei seminativi.
Interessanti sono, poi, i dati Corine Land Cover, relativi solo alle maggiori trasformazioni, che evidenziano come tra il 1990 e il 2012 quasi il 40% delle nuove urbanizzazioni è avvenuto attraverso la creazione di aree a bassa densità, mentre più di un terzo è avvenuto con la realizzazione di nuovi poli commerciali, industriali e terziari.
Di fronte a questo quadro, ISPRA ritiene importante individuare nuove prospettive per il riuso delle aree dismesse; che si affianchino a nuovi standard per la pianificazione urbanistica, in un’ottica in grado di superare la mera enunciazione di principi generali e di obiettivi di legge, ancora ampiamente ispirati a modelli di sviluppo espansivo e alla massimizzazione della rendita fondiaria.
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Nella terza parte (Valutazione dei servizi ecosistemici) particolare rilievo assume l’analisi degli strumenti di valutazione e di mappatura dei servizi ecosistemici, una delle principali sfide che, sia a livello scientifico, sia a livello istituzionale, è al centro dell’attenzione, con la considerazione che possa contribuire a raggiungere una piena consapevolezza dell’importanza della tutela delle risorse ambientali per l’equilibrio degli ecosistemi e per il nostro stesso benessere.
La valutazione dei servizi ecosistemici è un passaggio fondamentale per fornire ai pubblici decisori elementi indispensabili per poter pianificare il territorio, per poter valutare ex-ante l’impatto delle politiche, per poter contabilizzare efficacemente il livello di benessere della società e immaginarne il modello di sviluppo, che deve trovare nel tema dei suoli il cardine della costruzione di nuove agende urbane a scala nazionale e locale. Più in particolare, il consumo di suolo deve diventare una questione economica e sociale centrale per le nuove agende urbane, in relazione da un lato alla distribuzione territoriale dei servizi ecosistemici e dall’altro alla mappatura dei costi del consumo di suolo stesso.
ISPRA calcola in oltre 800 milioni di euro all’anno la spesa per fronteggiare le conseguenze del consumo di suolo degli ultimi 3 anni (2012-2015). I costi occulti, quelli cioè non sempre immediatamente percepiti, prevedono infatti una spesa media che può arrivare a 55mila euro all’anno per ogni ettaro di terreno consumato e cambiano a seconda del servizio ecosistemico che il suolo non può più fornire: si va dagli oltre 400 milioni di euro della produzione agricola (51%), ai circa 150 milioni del sequestro del carbonio (18%), agli oltre 120 milioni della protezione dell’erosione (15%), ai quasi 100 milioni attribuibili alla mancata infiltrazione dell’acqua (12%).
Sono proprio la mappatura e la valutazione dei servizi ecosistemici e dell’impatto, anche economico, del consumo di suolo presentati nel Rapporto, ancorché preliminari e suscettibile di successivi affinamenti e aggiornamenti, a rappresentare un valore aggiunto importante e significativo per assicurare la comprensione delle conseguenze dei processi di trasformazione del suolo.
L’auspicio è che tutto questo possa fornire alle Amministrazioni locali indicazioni chiare e strumenti utili, oltre che per l’elaborazione dei futuri strumenti di pianificazione, per rivedere anche le previsioni di nuove edificazioni presenti all’interno dei piani urbanistici e territoriali vigenti. Questo non in contrapposizione con la auspicata ripresa del settore edilizio e il rilancio dell’economia nazionale, ma, al contrario, come il motore per un’edilizia di qualità, efficiente nei consumi energetici e nell’uso delle risorse ambientali, favorendo la necessaria riqualificazione e rigenerazione urbana, oltre al riuso delle aree dismesse, riducendo il consumo di nuovo suolo.

Autori

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) è un ente pubblico di ricerca, che ha come compito prioritario lo svolgimento delle funzioni di supporto al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

L’Istituto svolge attività di ricerca e sperimentazione; attività conoscitiva, di controllo, monitoraggio e valutazione; attività di consulenza strategica, assistenza tecnica e scientifica, nonché di informazione, divulgazione, educazione e formazione, anche post-universitaria, in materia ambientale, con riferimento alla tutela delle acque, alla difesa dell’ambiente atmosferico, del suolo, del sottosuolo, della biodiversità marina e terrestre e delle rispettive colture.

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