Quando l’autostrada non basta

 Quando l’autostrada non basta

Arturo Lanzani, Alessandro Alì, Daniela Gambino, Antonio Longo, Anna Moro, Christian Novak, Federico Zanfi

Infrastrutture, paesaggio e urbanistica nel territorio pedemontano lombardo

Quodlibet, Macerata 2013

Il volume presenta due esperienze di progettazione paesistico-territoriale, condotte da un gruppo di lavoro del Politecnico di Milano e nate a partire dalla realizzazione dell’Autostrada Pedemontana Lombarda. La prima riguarda le compensazioni ambientali dell’autostrada, alla ricerca di un’integrazione fra l’infrastruttura e il corridoio ecologico regionale, la seconda la riorganizzazione degli spazi aperti e di quelli produttivi della provincia di Monza e Brianza.
Se nel primo caso ci troviamo di fronte a un progetto operativo, commissionato da Pedemontana, nel secondo caso si tratta di una ricerca nata autonomamente in ambito universitario, cofinanziato dalla Provincia di Monza nell’ottica elaborare studi preliminari in vista di un possibile piano d’area.
Nell’introduzione di Arturo Lanzani vengono esplicitati i piani di interesse, a partire dai modi della ricerca territoriale condotta in ambito universitario, in cui committenze esterne e auto-committenza si intrecciano, generando nuove modalità per quanto concerne il rapporto fra tecnici e amministratori, basato sulla ricerca di nuove autonomie e modalità di integrazione.
Nel libro emerge l’apertura ai temi della grande dimensione, a partire dalla costruzione di visioni del futuro, fino alla definizione di progetti, azioni e dispositivi operativi, a partire dalle relazioni fra economia e società e fra città e paesaggio, dalle riflessioni sulla struttura della forma urbana, nella consapevolezza di dover operare in una stagione segnata da una crisi profonda e da una problematica convivenza fra spazi degradati e nuove urbanizzazioni.
Nella prima parte, gli autori analizzano i caratteri di questo territorio ibrido e complesso, che si trova oggi a un bivio evolutivo, all’interno del quadro infrastrutturale lombardo e dell’esigenza ripensare la programmazione nell’odierno tempo di crisi.
Attraverso la storia dell’opera e l’esame dei contesti attraversati, Lanzani e Longo esaminano il rapporto tra la nuova autostrada e la fascia urbanizzata dell’alta pianura pedemontana. La Pedemontana è vista come “un’autostrada senza territorio”, frutto di un’urbanistica Iocalistica e negoziale, di un’ottica trasportistica che tende a ignorare i contesti territoriali, ambientali, economici e sociali attraversati, l’impatto sugli usi del suolo e che fatica a considerare il rapporto con la rete della mobilità e le sue esigenze di riorganizzazione e manutenzione.
La soluzione proposta è, innanzitutto, quella di superare la settorialità dei programmi, sottraendo la politica delle infrastrutture al meccanismo collusivo che lega tra loro settore immobiliare, banche e pubblica amministrazione, passando a una pianificazione di area vasta fondata su scenari multidimensionali condivisi e su forme di progettualità integrata.
Per quanto concerne, invece, il manufatto autostradale e il suo rapporto col paesaggio, si tratta di «un rigido e banale progetto di ingegneria» che rivela una preoccupante arretratezza rispetto alle più significative esperienze europee, con un’infrastruttura che non costituisce un’opera architettonica unitaria, qualificata e in grado di qualificare il paesaggio. Non si tratta di semplice arretratezza culturale, ma di mancanza di una lettura critica del contesto, in un’ottica di interdisciplinarità e multiscalarità del progetto, di governo congiunto degli effetti indotti dai differenti attori.
Successivamente, Pileri analizza il tema del consumo di suolo e dell’erosione degli spazi aperti con il conseguente degrado dell’agricoltura a causa di una crescita disordinata e poco qualitativa, fra villette e capannoni, legittimata dalla miopia interessata della pianificazione comunale. Pucci esamina i limiti della politica infrastrutturale in Lombardia nelle loro relazioni con i processi di governo del territorio, sottolineando la necessità di ripensare la programmazione a partire della crisi odierna vista come opportunità per una razionalizzazione degli investimenti. Infine, Lanzani e Zanfi, a partire da una lettura interpretativa della “conurbazione estesa”, che una frammentazione multicentrica impedisce di essere città, propongono una diversa modalità di sviluppo per la conurbazione pedemontana, che deve diventare «un ambiente di vita e di lavoro qualificato, integrato ma non dipendente da quello del polo centrale».
La seconda parte si incarica, invece, di indagare il progetto delle compensazioni ambientali, una delle due esperienze di progettazione paesistico-territoriale trattate, visto come un progetto “rimediale”, caratterizzato da una struttura aperta e mettendone in evidenza il valore urbanistico.
La progettazione delle opere di compensazione ambientale nasce a partire dalla scelta di proporre solo opere inquadrate all’interno di un disegno strategico unitario a scala metropolitana basato su un diverso rapporto tra la grande infrastruttura, il territorio, l’ambiente e il paesaggio, che superi lo scarso interesse della Regione a una reale co-implementazione dei suoi disegni strategici, attraverso l’interazione autonoma con Enti e associazioni locali.
Questa progettualità rimediale, come spiegato da Lanzani e Longo, ha preso corpo in un contesto normativo vincolante e in un processo d’interazione con decisori-committenti che condividevano solo in parte le istanze dei progettisti. Ne scaturisce un masterplan attento alle condizioni di contesto non meno che a quelle processuali, che si fonda sulla stretta relazione tra le fasi di progettazione, sviluppo e gestione, su un approccio di tipo multisettoriale e orchestrale, sull’integrazione di saperi consolidati in forme nuove e sulla ri-composizione e riqualificazione dei territori come tema strutturante, dovendo però rinunciare a quanto estraneo agli obiettivi della committenza e non previsto dalle norme che regolano le compensazioni.
Nei due capitoli seguenti Longo e Novak approfondiscono i contenuti progettuali principali, rappresentati dalla greenway e dai progetti locali. La prima è un nastro di un centinaio di chilometri che si articola in nuovi tratti di pista ciclabile e percorsi vicinali sulla viabilità ordinaria, tutti inseriti paesaggisticamente nei vari contesti attraversati, con una progettazione attenta alle componenti vegetali, alle pavimentazioni, ai costi di realizzazione e manutenzione. Dei 45 progetti locali elaborati con gli attori locali in un disegno complessivo di riqualificazione paesaggistica, ecologica e di mobilità lenta a scala regionale, ne vengono illustrati due, mettendo in luce tensioni, contraddizioni, effetti vari e costituendo un contributo importante per interpretare i luoghi nel loro rapporto con gli attori.
La terza parte è dedicata al disegno degli spazi aperti nell’ambito della conurbazione briantea lungo il tracciato della Pedemontana, a partire di ricerca nata autonomamente in ambito universitario, che la Provincia di Monza ha poi contrattualizzato, riconoscendone la rilevanza pubblica.
Qui, pur riprendondo i temi delle prime due parti, il rapporto più autonomo con i soggetti decisori, determinato dal suo essere un’autocommessa, porta a un’impostazione più libera e critica e a una più vasta visione al futuro della provincia.
Nel primo capitolo Lanzani e Novak individuano e descrivono quattro “fenomenologie” di spazi aperti, rilevanti per la progettazione urbanistica e paesaggistica, a partire dall’osservazione diretta sul terreno, dall’ascolto e dialogo con i soggetti, dal ricorso a progetti e interventi in atto come leve attivabili per ottenere un disegno d’insieme che nessuno avrebbe potuto delineare a priori. Nei due capitoli successivi e relativi approfondimenti vengono illustrate le esperienze progettuali sulle radure della Brianza centrale, con i suoi 18 progetti, e dell’impianto reticolare della “campagna urbana” vimercatese.
In conclusione, Lanzani, Porro e Spigarolo, a partire dall’evoluzione storica degli spazi agricoli, individuano cinque direzioni possibili per il loro futuro, che si intrecciano con l’evoluzione della trama insediativa periurbana, in cui diventa centrale il problema dei ‘recinti’ e quello connesso del trasferimento dei diritti edificatori, oggetto di un approfondimento di Garda.
L’ultima parte, a partire dai cambiamenti degli spazi della produzione in Brianza, cerca nuove strategie per la riorganizzazione di tali spazi, nell’ottica di una riforma del costruito che punti non più su una anacronistica crescita, ma sulla riqualificazione, a partire dal ruolo degli spazi aperti e di quelli della produzione, suggerendo la possibile riorganizzazione di una fra le principali conurbazioni italiane, area dinamica e meno affetta dalla crisi in virtù delle sue differenziazioni interne, ma anch’essa oggi in una condizione di sofferenza sconosciuta in passato.
Lanzani, Ali, Valtorta e Morello intervengono sugli spazi industriali, che pongono un problema di riqualificazione di grande impegno, sia per la specificità dei contesti, sia perché oggi le imprese industriali non sono più quelle che hanno prodotto il vecchio paesaggio dei capannoni, anche se questo permane e necessita di riqualificazione, anche in chiave energetica.
Innanzitutto, il libro evidenzia come questa grande opera sia stata pensata secondo una logica trasportistico-funzionale, dimenticando le sue grandi potenzialità morfogenetiche e le sue possibili valenze territoriali e paesistiche, senza la volontà di gestire le politiche infrastrutturali in modo integrato, fra costruzione di nuovi paesaggi e riorganizzazione del sistema insediativo.
Dal punto di vista metodologico si registra un netto rifiuto dell’idea che una conoscenza esperta possa disegnare su commissione gli assetti del territorio e le forme del paesaggio seguendo la sequenza lineare tipica del vecchio progetto di scala vasta. Non più incontro-scontro fra progetto specialistico e logiche istituzionali, ma disegno esplorativo, interlocuzione con gli attori a diverse scale, lavoro sul terreno, paesaggio divengono tutti modi di vedere e di operare che si traducono in una visione processuale del progetto caratterizzata da circolarità e apertura. È un nuovo modo di vedere territorio e paesaggio, che da semplici oggetti di analisi e di progetto, divengono campi di sperimentazione che si conoscono a fondo solo lavorandoci dentro, interagendo con una pluralità di soggetti, senza abdicare al proprio ruolo di esperti col proprio bagaglio di strumenti tecnici e culturali, fino a proporre azioni tecniche puntuali, fattibili e pertinenti.
Ma ciò che ha maggiormente l’originalità delle due esperienze è il rapporto con i committenti, stretto, ma non subordinato, e la presenza dei progettisti-ricercatori nei processi decisionali, con il continuo intrecciarsi dell’aspetto narrativo, che osserva i lavori e i decisori con un occhio esterno, e di quello tecnico, che analizza il territorio e illustra i risultati del lavoro progettuale, valendosi di un ricco apparato illustrativo.
Infine, fra gli esiti del lavoro, è importante sottolineare l’individuazione nel PTCP di ambiti di interesse paesistico-ambientale, da sottoporre ad azioni di riqualificazione e interessati a obbligatoria compensazione ambientale.

Autori

Arturo Lanzani
Urbanista e geografo, è professore straordinario presso il Politecnico di Milano. Si occupa di ricerche sulle geografie e i paesaggi contemporanei alternando studio e insegnamento, esperienze amministrative e attività progettuale. Fra le sue pubblicazioni ricordiamo In cammino nel paesaggio. Questioni di urbanistica e di geografia (Carocci 2011).

Alessandro Alì
Architetto e urbanista, ha fondato a Milano nel 2008 Ubistudio, società di progettazione e ricerca che opera sui temi dell’architettura, del territorio e della comunicazione. Collabora a ricerche e progetti presso il DAStU del Politecnico di Milano.

Daniela Gambino
Architetto e urbanista, opera come progettista e consulente per pubbliche amministrazioni ed enti privati. Collabora a ricerche e progetti presso il DAStU del Politecnico di Milano dove è cultore della materia in Progettazione urbanistica.

Antonio Longo
Urbanista, svolge attività didattica e di ricerca presso il DAStU del Politecnico di Milano, dove insegna Progettazione e disegno urbanistico occupandosi, in particolare, di progettazione degli spazi aperti. Nel 2007 con Alessandro Alì ha fondato Ubistudio.

Anna Moro
Achitetto e dottore di ricerca in Pianificazione Urbana Territoriale e Ambientale, fa parte del gruppo di progettazione GRUarchitetti e collabora a ricerche e progetti presso il DAStU del Politecnico di Milano dove è docente a contratto di Analisi della città e del territorio.

Christian Novak
Architetto e dottore di ricerca in Pianificazione e Politiche pubbliche per il territorio, opera come progettista e consulente per pubbliche amministrazioni. Collabora a ricerche e progetti presso il DAStU del Politecnico di Milano dove è docente a contratto di Analisi della città e del territorio.

Federico Zanfi
Architetto e dottore di ricerca in Progetti e Politiche urbane, è ricercatore presso il DAStU del Politecnico di Milano, si occupa prevalentemente di trasformazioni dopo la crescita di vari contesti insediativi italiani, in particolare la città abusiva nel Mezzogiorno, i territori dell’urbanizzazione diffusa nel centro-nord e l’habitat residenziale dei ceti medi nelle maggiori aree metropolitane.

 

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