Approvata la Legge Regionale 28/2016 “Riorganizzazione del sistema lombardo di gestione e tutela delle aree regionali protette e delle altre forme di tutela presenti sul territorio”

 Approvata la Legge Regionale 28/2016 “Riorganizzazione del sistema lombardo di gestione e tutela delle aree regionali protette e delle altre forme di tutela presenti sul territorio”

TEMA DEL MESE

di Fabio Bianchini

Lo scorso 17 novembre, il Consiglio regionale ha approvato, con 41 voti a favore, 22 contrari e nessun astenuto, la Legge regionale n° 28 “Riorganizzazione del sistema lombardo di gestione e tutela delle aree regionali protette e delle altre forme di tutela presenti sul territorio”.
La LR 86/83 “Piano generale delle aree regionali protette”, pur avendo a suo tempo rappresentato un’importante innovazione che ha dato vita all’attuale sistema dei parchi, è stata modificata troppe volte e appare oggi superata. La stratificazione di regimi di tutela realizzatasi nel tempo, ha prodotto una forte eterogeneità dei livelli di protezione del territorio e dei soggetti gestori, con conseguenti sovrapposizioni e ridondanze negli strumenti di pianificazione e gestione e difficoltà nel perseguire la necessaria qualificazione e organizzazione per una gestione ottimale.
In tal senso, a partire dal sistema di aree protette esistente, la Legge intende riorganizzare il sistema di gestione, oggi comprendente 24 Parchi regionali, 13 Parchi naturali, 66 Riserve naturali, 33 Monumenti naturali, 242 siti Natura 2000, 101 Parchi Locali di Interesse Sovracomunale, la cui gestione è oggi affidata a una pluralità di soggetti, fra cui, oltre ai PLIS, 32 Comuni, 14 Comunità montane, 18 Parchi regionali, 9 Province, 3 Consorzi di servizi, Enti del sistema regionale, associazioni ambientaliste, soggetti privati.
Gli effetti che la Regione prevede dall’attuazione della legge sono una diminuzione del numero dei soggetti gestori di aree protette, una razionalizzazione degli strumenti di pianificazione e gestione, un accrescimento delle capacità gestionali e un più forte orientamento a perseguire la conservazione delle aree protette in un’ottica di reti e di connessioni naturalistiche.
La LR 28/2016 individua i Parchi regionali come soggetti di riferimento per l’esercizio di tutte le funzioni, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza del sistema di gestione e tutela, facendo sintesi tra le aree protette e salvaguardando le unicità di tutti i territori.
Le finalità che la riforma intende perseguire si realizzano attraverso una proposta di individuazione di ambiti territoriali rispetto ai quali il Parco regionale diventa il soggetto di riferimento e che include la prefigurazione di proposte di aggregazione tra i Parchi dello stesso ambito, l’integrazione delle Riserve naturali e dei Monumenti naturali nel Parco di riferimento e la possibilità per i PLIS di proseguire in autonomia la propria attività.
Le finalità della Legge, enunciate all’art. 1, sono:

  • favorire la realizzazione di un sistema integrato delle aree regionali protette e un incremento delle competenze e delle potenzialità dei servizi offerti;
  • consolidare la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale e dei valori paesaggistici del territorio, incrementando gli standard di tutela ambientale stabiliti dalla normativa statale;
  • incrementare i modelli di sviluppo sostenibile delle attività antropiche e riconoscere la rilevanza dei servizi ecosistemici;
  • promuovere il completamento della Rete Ecologica Regionale e della la Rete Verde Regionale;
  • potenziare la governance per la salvaguardia del paesaggio e della biodiversità.

Rispetto al testo originario del PdL 108 presentato lo scorso giugno, sono stati inseriti alcuni emendamenti che vanno a rafforzare le finalità di consolidamento della conservazione e della valorizzazione del patrimonio paesistico-ambientale, di incremento dei modelli di sviluppo sostenibile e di completamento della Rete Ecologica Regionale e della Rete Verde Regionale.
Inoltre, rispondendo alle richieste di un ruolo maggiormente strategico da parte della Regione, sono state introdotte le 9 macroaree funzionali alla definizione degli ambiti territoriali ecosistemici e propedeutiche a una loro progressiva aggregazione (art. 2 comma d):

  • Campo dei Fiori, Pineta, Spina Verde, Groane, Valle del Lambro, Montevecchia e Valle del Curone, Bosco delle Querce;
  • Grigna Settentrionale e Monte Barro
  • Orobie Valtellinesi e Orobie Bergamasche;
  • Alto Garda Bresciano, Adamello e la parte lombarda del Parco nazionale dello Stelvio;
  • Parco regionale del Mincio;
  • Oglio Nord, Oglio Sud e Monte Netto;
  • Adda Nord, Adda Sud, Colli di Bergamo e Serio;
  • Agricolo Sud Milano e Nord Milano;
  • Valle del Ticino.


La riorganizzazione del sistema di gestione e tutela delle aree regionali protette prevede una ben definita procedura e precise scadenze temporali descritte all’art. 3 (Procedura per la riorganizzazione del sistema lombardo di gestione e tutela), allungate rispetto alla formulazione iniziale.
Sempre rispetto al PdL presentato a giugno, è prevista l’approvazione da parte della Giunta regionale, entro un mese dall’entrata in vigore della legge, delle linee guida contenenti lo schema per la formulazione della proposta degli ambiti territoriali ecosistemici.

  1 mese 3 mesi 5 mesi 6 mesi 8 mesi 12 mesi 14 mesi 20 mesi 23 mesi
approvazione linee guida per la formulazione della proposta di ambiti territoriali ecosistemici (RL)
richiesta di prosecuzione della gestione in autonomia dei PLIS
proposta individuazione ambiti territoriali (Parchi)
riconoscimento autonomia PLIS (RL)
approvazione individuazione ambiti territoriali (RL)
stipula convenzioni fra Riserve naturali / Monumenti naturali integrati ed Ente gestore del Parco di riferimento (Enti gestori)
stipula convenzioni fra PLIS e Parco di riferimento per affidamento gestione
proposta di programma di razionalizzazione dei servizi e di progetto di riorganizzazione del sistema delle aree regionali protette (Parchi)
approvazione progetto di riorganizzazione del sistema delle aree regionali protette (RL)
aggiornamento DGR siti Rete Natura 2000 (RL)
avvio procedure per attivare l’intervento legislativo regionale senza apportare modifiche ai perimetri (Parchi)

Ai PLIS è consentito di proseguire in autonomia la propria attività, di partecipare a processi di aggregazione o di affidare all’Ente gestore del Parco di riferimento l’esercizio di tutte o parte delle proprie funzioni operative, gestionali e amministrative, mantenendo il regime originario di tutela e previa deliberazione dei Consigli comunali interessati (art. 5).
All’art. 9 un nuovo comma prevede, limitatamente ai danni agricoli causati da specie selvatiche nelle Riserve e nei Parchi naturali, l’erogazione degli indennizzi regionali a condizione che siano stati realizzati interventi di contenimento delle specie animali responsabili dei danni.
Inoltre, sono state incrementati gli incentivi finanziari per l’aggregazione volontaria dei parchi regionali, che passano da 2 a 4 anni e dal 15 al 30%, per un totale di 420.000 € per il 2018 (art. 10).
Allo scopo di tutelare i valori paesistico-ambientali, nei Parchi naturali, nelle Riserve naturali, nei Monumenti naturali, nei siti di Rete Natura 2000 e nei corridoi primari della RER è vietata la realizzazione di impianti che svolgono attività di recupero o di smaltimento rifiuti, fatto salvo il caso in cui tali operazioni siano già autorizzate (art. 11).
Mentre è stato eliminato l’art. 14 ,che prevedeva limitate integrazioni all’art. 34 della LR 86/83 in ordine al rilievo dei PTCP e del Piano Territoriale Metropolitano per i PLIS, il nuovo art. 13 (Modifica all’articolo 3 bis della l.r. 86/1983) prevede che entro nove mesi dall’approvazione del progetto di riorganizzazione la Giunta avvii le procedure per l’approvazione del Piano Regionale Aree Protette da parte della stessa Giunta, con un iniziale orizzonte temporale al 2020.
La LR 86/83, che ha rappresentato all’epoca una rivoluzione, dando vita al sistema dei parchi e riuscendo in parte a mettere un freno a un consumo di suolo, ha oggi perso smalto e quella spinta propulsiva iniziale, rendendo necessaria una revisione sostanziale, che tenga conto non solo del differente quadro ambientale, ma anche di quello amministrativo ed economico.
Indubbiamente, la Legge risponde a una non più procrastinabile esigenza di riordino di competenze per un migliore governo delle funzioni nel campo delle aree protette e del territorio e cerca di superare un’eccessiva eterogeneità dei livelli di protezione dettata dalla sovrapposizione, e spesso ridondanza, degli strumenti di pianificazione.
Tuttavia, la riforma determina impatti molto rilevanti sulla gestione e riorganizzazione delle aree protette e non consente al momento di comprendere in toto gli scenari reali che si verrebbero a concretizzare a seguito della sua attuazione. Dall’esame dell’articolato, emergono oggi una serie di temi/problemi.
Innanzitutto, l’impianto legislativo è informato da una logica di restyling istituzionale e organizzativo, imperniata sull’Ente gestore dei Parchi regionali come soggetto di riferimento. Un simile approccio ha sicuramente il merito di stimolare un processo di razionalizzazione che appare oggi ineludibile, non solo in ragione di adeguamenti organizzativi, di semplificazione e di spending review, ma anche al fine di conferire assetti più razionali al sistema dei parchi e di rafforzare strutture spesso debolissime.
Di contro, emerge il contrasto fra le finalità ad ampio spettro espresse dalla Legge e la trattazione nell’articolato, che risulta chiuso sul tema della riorganizzazione gestionale, peraltro auspicata. Diversamente, la LR 28/2016 può ambire a sviluppare ed estendere la capacità progettuale sul territorio soprattutto se i Parchi riusciranno a dare concreta attuazione alle le finalità espresse dall’art. 1, a partire dalle importanti esperienze maturate negli ultimi 40 anni e ripensando i parchi nella loro essenza, mantenendo gli obiettivi per cui sono nati, ma con strategie e percorsi diversi, connettendoli tra loro, facendo rete da un punto di vista gestionale.
Un simile approccio fatica a “vedere” il territorio, rischiando di chiudere il tema della configurazione territoriale dei Parchi entro i confini amministrativi attuali, non consente di cogliere le differenze tra le tipologie dei Parchi (agricolo, fruitivo, naturalistico, ecc.), non coglie e stimola l’intreccio con le policy (regolazione urbanistica, valorizzazione fruitiva delle aree verdi di cintura, sviluppo agricoltura metropolitana e food policy, interventi paesaggistici, miglioramento ambientale delle aree di frangia, ecc.).
La procedura di riordino prevede un forte coinvolgimento degli Enti di gestione dei Parchi regionali, attraverso un doppio “dai e vai” con la Giunta Regionale (prima riguardante l’individuazione dell’ambito e poi il programma di razionalizzazione dei servizi) che appare piuttosto complesso e fortemente esposto a rischi d’inceppamento, per quanto la norma preveda poteri sostitutivi in caso di inerzia. In particolare, nonostante l’introduzione delle macroaree e delle linee guida, non appare agevole l’individuazione degli ambiti. Non si può neanche dimenticare che solo pochi Parchi regionali hanno una struttura all’altezza, mentre non mancano esempi virtuosi fra i PLIS.
Nell’individuazione degli ambiti territoriali ecosistemici, le questioni di territori/materiali (caratteri identitari le risorse, reciprocità e servizi vicendevoli, territori esterni e i servizi nei loro confronti) devono confrontarsi con le questioni di immateriali (competenze in essere, competenze “da scambiare”, competenze da costruire, sistema amministrativo gestionale). Per fare questo, per giungere a una proposta di accorpamento condivisa che garantisca il miglior funzionamento possibile serve tempo, anche in relazione alla preoccupazione per l’aumento dei costi a carico delle singole amministrazioni, in particolare per quei Parchi che, come il Parco Nord, hanno degli elevati costi di gestione.
A questo proposito, occorre sottolineare l’avvio di una serie di esperienze di condivisione di servizi e competenze, ma anche di aggregazioni molto significative, come quella del Progetto PANE (Parco Agricolo Nord-Est) che prevede la creazione di un grande Parco Regionale del Vimercatese comprendente i PLIS della Cavallera, del Molgora e del Rio Vallone, senza tuttavia dimenticare l’attuale debolezza di questa tipologia di aree protette.
L’aggregazione tra Parchi, potrà generare sovrapposizione di regimi di tutela tra loro molto diversi. Se la norma transitoria (art. 12) introduce una regolazione provvisoria, è però ragionevole prevedere l’apertura di una nuova stagione pianificatoria, che dovrà essere accompagnata da idee, criteri e orientamenti, esplicitati ancora debolmente. Peraltro, rimane irrisolta la sovrapposizione dei regimi di tutela con altri strumenti di pianificazione, in primo luogo i PTCP (e in futuro il PTM per Milano), che in passato ha generato alcuni problemi non di poco conto e che rappresenta una particolare preoccupazione da parte di alcune Amministrazioni, come nel caso della Provincia di Monza e Brianza dove se oggi i PLIS risultano elemento cardine dell’esteso sistema di tutele provinciali, per alcuni versi più efficace di quello regionale, nella prospettiva di una loro integrazione nei Parchi regionali saranno alquanto limitate le porzioni di territorio ancora di competenza della pianificazione provinciale.
Resta aperta, al netto degli incentivi previsti all’art. 10, la questione delle risorse finanziarie e della loro distribuzione, con particolare riferimento a casi di aggregazione/integrazione di parchi con natura, vocazione e territorialità diversificate (si pensi, ad esempio, alla distribuzione dei costi di gestione nel caso di aggregazione tra un parco di fruizione e uno agricolo). Gli incentivi economici previsti per favorire l’aggregazione volontaria dei Parchi regionali, sembrano spostare poco il bilancio degli Enti di gestione, che ha visto una significativa riduzione dei contributi regionali negli ultimi anni. La Regione dovrebbe, invece, impegnarsi in forma stabile, anche attraverso l’utilizzo di fondi strutturali, da creare con il pagamento dei SE, ai quali potrebbero contribuire tutti i Comuni dell’ambito, non solo quelli all’interno dei Parchi.
Particolarmente impegnative appaiono le procedure di aggregazione, come emerge dall’esperienza avviata due anni fa fra Parco delle Groane e PLIS della Brughiera, peraltro costruita in modo condiviso. Se è vero che occorre superare l’attuale elevata frammentazione degli Enti gestori, la questione centrale non è diminuire in modo esasperato il numero dei Parchi, allontanandoli dal territorio, quanto trovare un equilibrio tra l’esigenza di realizzare significative economie di scala e vicinanza.
La LR 28/2016 da un lato risponde a delle sentite esigenze di riordino complessivo del sistema regionale delle aree protette, dall’altro non appare un’operazione sufficientemente condivisa ed evidenzia la mancanza di una forte idea strategica e un approccio eccessivamente settoriale di Regione Lombardia, incapace di individuare efficaci modelli di gestione territoriale, lasciando tanti gradi di libertà e abdicando, di fatto, al suo ruolo di pianificazione regionale.
Positiva appare la ripresa delle procedure per il Piano Regionale delle Aree Protette, atto fondamentale di indirizzo per la gestione e la pianificazione tecnico-finanziaria delle aree protette nonché atto di orientamento della pianificazione e gestione degli enti gestori, il cui iter si è fermato alcuni anni fa.
Il processo di riordino previsto dalla LR 28/2016 lascia, inoltre, in predicato la natura giuridica e la governance del Parco Sud. Per il quale si ipotizza un accorpamento con il Parco Nord in quanto parchi di cintura che ricadono nel territorio della Città metropolitana milanese.
Infine, non bisogna dimenticare che il percorso individuato andrà a realizzarsi mentre è in atto un analogo procedimento sul tema delle aree vaste col quale dovrà essere mantenuta una correlazione, a partire dall’evidenza di come il tema della protezione della natura esuli necessariamente dai confini amministrativi, essendo invece gli Enti parco organismi in grado di costituire una cerniera di collegamento tra il livello regionale e quello comunale.

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